Con l’entrata in vigore della riforma del titolo V del TUB e la creazione dell’albo 106 le società fiduciarie devono decidere quale strada prendere, a partire dalla decisione d’aderire o meno all’albo. Con queste conseguenze
[auth href=”http://www.worldexcellence.it/registrazione/” text=”Per leggere l’intero articolo devi essere un utente registrato.
Clicca qui per registrarti gratis adesso o esegui il login per continuare.”]Con la riforma del Titolo V del TUB il legislatore ha voluto da un lato rafforzare la vigilanza sugli intermediari non bancari e, dall’altro, rendere più omogeneo il quadro regolamentare degli operatori bancari e finanziari. In questa logica ha rivisto l’impianto disciplinare puntando sull’aumento dei requisiti professionali degli intermediari esistenti e sul miglioramento delle relazioni tra questi ultimi e il mercato con l’idea di facilitare le imprese a trovare soluzioni di finanziamento alternative al credito bancario. Ma accanto ad aspetti indubbiamente positivi, l’applicazione della nuova disciplina presenta alcune criticità da superare. Innanzitutto per gli intermediari finanziari non bancari destinatari del Titolo V sembrerebbe piuttosto onerosa in termini di costi, rispetto ai benefici che potenzialmente potrebbe portare. Poi perché spinge il settore a una maggiore concentrazione. Le società infatti che non opterranno per l’adeguamento potranno essere oggetto di aggregazione. L’iscrizione all’albo di alcuni operatori comporterà inoltre una divisione tra le società che saranno certificate e regolarmente sottoposte ai controlli della Banca d’Italia, e quelle che invece rimarranno sotto la vigilanza del Ministero dello Sviluppo. Come le società fiduciarie stanno affrontando queste nuove sfide? Se ne è parlato alla tavola rotonda “Fiduciarie: quali spazi e prospettive con la nuova disciplina degli intermediari finanziari” promossa da World Excellence. Al dibattito, moderato da Angela Maria Scullica, direttore di World Excellence e Legal, hanno partecipato: Fabrizio Vedana, vice direttore generale Unione Fiduciaria, Valentino Amendola, amministratore delegato della Fiduciaria Sant’Andrea, Luca Garetto, responsabile legal compliance & Aml di Cordusio Fiduciaria, Marco Betocchi, consigliere esecutivo di Gbl Fiduciaria, Oscar Moretto, senior advisor servizi di Planning Fidersel, Remo Lorgna, direttore operativo di Euromobiliare Fiduciaria e Sabrina Numa, presidente staf di Fiduciaria & Trust Italia.
Il passaggio a Banca d’Italia comporterà più costi, riorganizzazioni interne e nuovi modelli di business?
VEDANA Il decreto legislativo del 2010 ha “acceso la scintilla”, modificando il 199 del testo unico della finanza introducendo accanto alla categoria tradizionale delle fiduciarie vigilate dal Ministero dello Sviluppo Economico questa nuova categoria delle fiduciarie vigilate dalla Banca d’Italia. Ci sono delle società che sono state “costrette” a presentare istanza di iscrizione alla nuova sezione speciale dell’albo 106, ovvero le fiduciarie controllate da una banca o da un intermediario, e quelle aventi un capitale sociale superiore al doppio rispetto al capitale minimo richiesto per le società per azioni ovvero superiore a 100.000 euro. Per quanto ci riguarda rientriamo nel novero di quelle tenute a presentare istanza di iscrizione in quanto aventi un capitale superiore a 100 mila euro. Se si volesse fare una sintesi di quelli che sono gli impatti che potrà avere la nuova normativa direi più controlli, in particolare aggiungeremo ai controlli episodici del Ministero dello Sviluppo i controlli più sistematici di Banca d’Italia. Inoltre le fiduciarie iscritte al nuovo albo dovrebbero essere viste con meno sospetto da parte di altri operatori bancari in primo luogo: ci saranno meno difficoltà nel gestire i rapporti con gli intermediari, anche esteri, saranno richieste meno informazioni sul titolare effettivo.
AMENDOLA La fiduciaria che rappresento fa parte di un gruppo bancario, quindi tutte le incombenze collegate alla vigilanza della Banca d’Italia per noi erano già un obbligo. Non c’è dubbio, tuttavia, che la possibilità di iscriversi all’albo degli intermediari di cui all’articolo 106 del TUB una differenza la faccia: anzitutto da un punto di vista organizzativo, con l’esigenza di definire in modo formalmente rilevabile tutta una serie di attività interne. Anche se l’iscrizione consente di salire su un gradino diverso nella “gerarchia dell’antiriciclaggio”, ora le fiduciarie devono trasmettere alla banca depositaria i nomi dei titolari effettivi, limitarne l’effetto solo a questo mi sembra un modo d’affrontare il tema un po’ schematico. L’iscrizione all’albo inevitabilmente creerà un “doppio campo” delle fiduciarie – quelle che soddisfano i requisiti ai fini antiriciclaggio di Banca d’Italia e le altre – lasciando in secondo piano il fatto che tutte le fiduciarie hanno una caratura professionale molto elevata, addirittura con un vincolo di iscrizione all’albo dei commercialisti per un numero minimo di membri dei consigli d’amministrazione. Sarebbe stato preferibile riconoscere a tutte le fiduciarie uno status di intermediario di primo livello, magari intervenendo in modo generalizzato sulla normativa di vigilanza.
LORGNA Vedo in questo provvedimento un rafforzamento della legittimazione delle fiduciarie. Nel 2007 queste società furono declassate ai fini della normativa antiriciclaggio. Ciò fu oggettivamente pregiudizievole, non riconoscendo le grandi capacità professionali che da sempre contraddistinguono questo settore. Peraltro, nel corso degli ultimi anni si è consolidata una crescente legittimazione delle stesse fiduciarie, soprattutto dal punto di vista fiscale, per il ruolo di sostituto d’imposta espletato per patrimoni regolarizzati con le operazioni di scudo e di voluntary disclosure e mantenuti all’estero. E’ in questo scenario che si inserisce il provvedimento di Bankitalia che razionalizzando le presenze degli operatori sul mercato ne accresce ulteriormente l’affidabilità.
GARETTO Prevale l’ottimismo, in quanto valutiamo positivamente l’attuazione della nuova normativa resa operativa dalla Circolare 288. Si tratta di un’evoluzione del ruolo delle società fiduciarie, non più chiamate ad intervenire per un cambio di soggettività o per l’occultamento del patrimonio, ma per svolgere un ruolo di aggregazione tra vari strumenti di pianificazione patrimoniale, mediante la valutazione di aspetti tecnico-giuridici e con una particolare attenzione al contrasto al riciclaggio. Soprattutto nei confronti dell’estero l’iscrizione alla sezione separata dell’albo 106 TUB ci porterà un valore aggiunto: individuare in Banca d’Italia uno dei nostri regulator aiuterà a far comprendere che le società fiduciarie rientrano nel perimetro applicativo del D.Lgs. 231/2007. Essendo parte di un gruppo bancario non abbiamo dei grandissimi sconvolgimenti organizzativi, né uno stravolgimento del nostro assetto perché le policy di gruppo sono da tempo calate anche sulla nostra realtà, con controlli periodici da tempo implementati.
MORETTO Credo che la prima distinzione sostanziale da fare sia tra fiduciarie di provenienza bancario- finanziaria e tutte le altre. Concordo quindi con i colleghi quando affermano che si è trattato sostanzialmente di mettere a punto procedure e prassi che già esistevano nel momento in cui si partiva da un gruppo che, essendo già vigilato da Banca Italia, doveva gioco forza attrezzarsi affinché tutte le società che consolidano rispondessero agli stessi requisiti. Mi viene da chiedere se stiamo ancora parlando di un mondo univoco, oppure se questo mondo si sta effettivamente separando tra due tipologie di operatori completamente diversi non soltanto per l’aspetto normativo. Una cosa è certa: stiamo parlando di un mondo che rappresenta un centro di competenze e un incubatore di innovazione. Tutto questo deve essere salvaguardato e portato avanti, tenendo conto che esistono competenze e capacità di innovazione che solo le fiduciarie, fino ad oggi, hanno espresso e possono esprimere.
BETOCCHI Gli interventi fatti evidenziano tutti una situazione e un’opinione comune, cioè che questa riforma porti sicuramente delle opportunità potenziali a fronte però di obblighi certi. Certamente il fatto di avere un’immagine più trasparente e di avere quindi la possibilità di interagire meglio con gli altri soggetti del mondo finanziario potenzialmente rappresenta un’opportunità in più. Tenendo presente che una buona parte di business è comunque legata a rapporti con banche estere che venivano da un’origine di rimpatrio giuridico, il fatto di non essere più solo “captive” per le società fiduciarie di espressione bancaria le rende potenzialmente più libere e fornisce loro anche la possibilità di essere più attraenti, di andare fuori e di proporsi a dei soggetti che non sono del gruppo. Quindi mi sembra, questa nuova situazione, che sia dettata sicuramente da esigenze regolatorie condivisibili, principalmente quelle legate a identificazione, antiriciclaggio.
NUMA Io dirigo una piccolissima società fiduciaria professionale. Per noi non mandare la domanda alla sezione speciale dell’albo 106 è una sfida. Abbiamo fatto la scelta di rimanere piccoli perché innanzitutto non abbiamo solo dei contratti fiduciari ma siamo per vocazione orientati molto allo strumento del trust. Occupandoci anche di trust la cosa che ci preoccupa di più è la IV direttiva antiriciclaggio perché si prospetta, tra le altre cose, la costituzione del “registro delle informazioni relative ai trust” con una comunicazione all’esterno di una serie di dati sensibili (per esempio su minori) che necessita di stringenti garanzie di riservatezza. Il nostro sbocco professionale? Nella nostra piccola dimensione manteniamo comunque una grande professionalità oltre ad una elasticità e rapidità nel dialogo con la clientela. Abbiamo fatto la scelta di non iscriverci perché abbiamo una compagine sociale privata e perché non siamo sufficientemente capitalizzati per essere da un lato obbligati e dall’altro pronti all’iscrizione nella sezione speciale degli intermediari finanziari ex art. 106; ciò non toglie che in futuro si possano prospettare le condizioni per l’iscrizione e nel frattempo, continuando a fare bene il nostro lavoro, abbiamo la possibilità di assistere all’effettiva evoluzione di questo mercato, ad oggi ancora per alcuni aspetti nebulosa.
MORETTO Assofiduciaria ha cambiato credo da paio d’anni la guida. La mia personale sensazione è che oggi ci sia una maggiore attività, orientata a cercare con le istituzioni nuovi sbocchi e nuovi spazi per l’operatività delle fiduciarie. Rimane il dubbio sul fatto che l’associazione possa, domani più di oggi, rappresentare in modo equo due realtà che probabilmente con il tempo saranno sempre più differenti l’una dall’altra. L’altro punto critico potenziale che vedo è relativo a tutte le strutture di controllo: chi controlla dalla banca deve avere competenze per controllare le fiduciarie, perché sono due realtà diverse. E va conosciuto e riconosciuto che sono due realtà diverse. Per riprendere l’esempio del trust, essere trustee significa porsi in un certo modo rispetto alla disciplina antiriciclaggio, quindi un trustee che va verso l’istituzione finanziaria è obbligato a comunicare il titolare effettivo, ma la sua responsabilità in termini di disciplina antiriciclaggio verso disponente e beneficiari cessa dal momento in cui assume l’incarico di trustee, perché non può controllare se stesso.
Mi sembra di capire che si sia creata una doppia anima nell’associazione di categoria, alcuni dei partecipanti di questa tavola conoscono molto bene questa realtà, cosa ne pensate di questo rischio?
AMENDOLA Visto che faccio parte del consiglio direttivo di Assofiduciaria, mi sento in dovere di dire due cose. La prima è che è molto presente in ambito associativo l’esigenza di assicurare uno spazio di attività adeguato a tutte le società fiduciarie, poiché esse coprono ambiti di servizio diversi secondo le loro caratteristiche e dimensioni. La seconda è che l’iscrizione all’albo di cui all’articolo 106 – che per molte fiduciarie è un obbligo e non una scelta – non mi pare implichi particolari vantaggi. Cosa porta in più l’iscrizione all’albo? la possibilità di non rivelare il nome del titolare effettivo del proprio fiduciante a un intermediario terzo? è una prerogativa che può avere qualche interesse nel campo della riservatezza delle informazioni ma non è poi decisiva. In questi anni, il fatto che i dati del titolare effettivo siano stati comunicati agli intermediari terzi non ha fatto una gran differenza con la clientela, almeno non una differenza significativa.
LORGNA Essere ritornate intermediari di primo livello ai fini della normativa antiriciclaggio e far parte della cerchia dei soggetti controllati da Banca d’Italia, conferisce alle fiduciarie nuova autorevolezza e credibilità. Una considerazione su Assofiduciaria, l’associazione di categoria che mi auguro continui a rappresentare il settore in termini unitari: nella guida dell’attuale presidenza si ritrovano componenti valoriali particolarmente qualificate in termini di competenze, di esperienza e di capacità relazionali con le autorità di controllo. Condivido l’esigenza che le fiduciarie non iscritte nel nuovo elenco ex art. 106 TUB debbano beneficiare di tutela perché ricomprendono figure di professionisti portatori di competenze meritevoli di essere messe a disposizione della clientela.
Che sfide si pongono di fronte alle fiduciarie in questo contesto altamente concentrato ma con margini di rendimento bassi?
GARETTO Siamo tutti concordi nel riconoscere uno scenario che porterà a una concentrazione delle fiduciarie, in un contesto di bassa marginalità nel rendimento delle masse. La sfida che abbiamo è proprio quella di far ulteriormente emergere la professionalità e le competenze che risiedono nelle fiduciarie in quanto sono questi gli elementi che il cliente cerca. Prova ne è il cambio di approccio alla riservatezza: nessuno più cerca una riservatezza assoluta (che lo stesso contesto normativo non permetterebbe) ma ancora forte è il bisogno di una riservatezza “relativa”, che impedisca la diffusione e la comunicazione di dati personali alla generalità dei soggetti terzi. Il mandato fiduciario anche nel nuovo contesto normativo continuerà ad essere un canone comportamentale di certi segmenti di clientela proprio perché quella riservatezza relativa che siamo in grado offrire costituisce lo zoccolo duro di qualsiasi strumento di asset protection, una sorta di livello minimo ancora oggi apprezzato dal cliente. Per riassumere, uno sviluppo caratterizzato dal riconoscimento della competenza facendo far emergere la professionalità e dando il giusto valore alla riservatezza.
VEDANA Credo che uno dei leitmotiv del momento sia la protezione del patrimonio perché uno dei nuovi strumenti a cui si sta lavorando è la creazione di un simil trust che si chiama affidamento fiduciario, uno strumento attraverso il quale si vogliono ottenere quelle finalità di protezione del patrimonio che oggi molto spesso cerca il professionista. Gli Italiani hanno ricominciato a cercare alternative nell’assicurare protezione del loro patrimonio e in questo contesto la fiduciaria è il candidato naturale a svolgere quel ruolo, che sappiamo essere tecnicamente quello del sostituto d’imposta. Un dato oggettivo è che il sostituto d’imposta, richiede risorse sul piano non solo di persone ma anche informatiche. Quindi la risposta migliore la possono dare quelle iscritte all’albo, che già dovranno dotarsi di strutture di back office e strutture informatiche più forti e robuste.
NUMA Parlando di gestioni patrimoniali, che cosa manca nella nostra normativa interna? La programmazione. Perché con il 2645 ter del c.c. il vicolo di segregazione già lo abbiamo; non abbiamo la programmazione. A livello di contratto di affidamento fiduciario non sapevo della commissione interna ad Assofiduciaria per lo studio di questo strumento; ne sono già stati istituiti diversi soprattutto in Liguria e in Lombardia riferiti alla dottrina del Prof. Lupoi. L’utilizzo è risolutivo delle problematiche di tutela dei soggetti fragili e anche in materia di conflitto di interessi potrebbe essere una soluzione da prendere in considerazione in alternativa al blind trust.
MORETTO Riprendo un attimo il tema del contratto dell’affidamento fiduciario per ricordare anche un altro ambito di applicazione che mi sembra abbastanza sentito: quello relativo alla tutela dei soggetti deboli. Poter contare su uno strumento diverso dal trust, legato e riconosciuto da una normativa italiana, potrebbe essere un’opportunità. Ma prima ancora della definizione dello “strumento”, ciò che ha valore è il livello e la profondità della consulenza prestata: se tutti sosteniamo che le fiduciarie sono centri di competenze, allora dobbiamo riuscire a far apprezzare queste competenze e a farle remunerare. Questo è l’ambito nel quale mi sembra ci sia un percorso praticamente da iniziare per migliorare la redditività di questo business.
BETOCCHI Torno a sottolineare che secondo me il legislatore, che sia Banca d’Italia oppure Mef, dovrebbe fare un passo ulteriore per definire meglio, non tramite un semplice rafforzamento degli obblighi che inevitabilmente alza le soglie quella che potrebbe essere una categoria di fiduciarie che possono toccare certi aspetti. Perché oggi manca ancora un pezzo, altrimenti al contrario delle fiduciarie di banca dove i costi possono essere condivisi mentre le fiduciarie piccole e private rimangono senza avere un ambito di competenze ben definito. Ci vorrebbe maggiore incisività da parte del legislatore. Io sono d’accordo con quello che diceva il collega: c’è una linea rossa di demarcazione che è quella che separa le attività di consulenza fiduciaria da quella finanziaria finalizzata alla raccomandazione di acquisto e vendita; posso infatti fare consulenza a un cliente sulle caratteristiche di un prodotto e su come questo prodotto può entrare più o meno bene all’interno del suo assetto patrimoniale ma mi devo fermare alla linea di demarcazione che è riservata alle raccomandazioni.
NUMA Dissento un po’ da lei per quanto riguarda il trust perché ce ne sono decine di richieste dai giudici tutelari. Esiste comunque una proposta di legge, la 2232, che è già passata alla camera e che è al vaglio del senato, che vede il trust all’articolo 6 come strumento ottimale di gestione patrimoniale per i soggetti deboli. In questo ambito specifico vedo proprio un possibile futuro per le fiduciarie professionali di piccole dimensioni, perché la gestione di un patrimonio familiare a favore di un soggetto fragile è ben distante dalla mera gestione finanziaria: non può essere fatta a distanza, perché la lontananza logistica comporta delle difficoltà e alle competenze tecniche di gestione deve assolutamente essere abbinata una spiccata capacità relazionale. Vedo nella fiduciaria piccola il giusto interlocutore che abbina alle competenze professionali una sensibilità personale difficilmente riscontrabile negli operatori strutturati dove il contatto con il “cliente” è nella maggioranza dei casi in capo a più soggetti. É in questa prospettiva che vedo un futuro per le fiduciarie di piccole dimensioni: professionalità, elasticità, velocità di risposta al Cliente e sensibilità nell’approccio.
Quali sono i possibili scenari che sia aprono per le fiduciarie tra 5 anni?
AMENDOLA Innanzitutto, credo sia importante sottolineare che le fiduciarie, limitatamente all’attività professionale di intestazione di patrimoni, ancora oggi operano in un regime di attività riservata dalla legge. É una riserva che proviene dalla tradizione giuridica italiana ma oggi meriterebbe di essere rivitalizzata e non mancano le proposte, come ad esempio il contratto di affidamento fiduciario elaborato dall’Assofiduciaria. L’attività di intestazioni fiduciaria è essenziale per poter incardinare un’offerta fatta di assistenza nella riorganizzazione dei patrimoni e di prodotti innovativi. Ferme restando queste basi, tuttavia, penso che lo sviluppo dei servizi fiduciari sia soprattutto legato alle costruzioni giuridiche per la soluzione o la prevenzione di conflitti, come la partecipazione a strutture di patti di famiglia o depositi a garanzia.
VEDANA Da qui a 5 anni il mondo sarà ancor più globalizzato, gli investimenti saranno sempre più internazionali, le banche avranno ridotto un po’ la loro forza-lavoro nelle filiali. Penso che le fiduciarie potranno essere un buon interlocutore soprattutto per la clientela che dispone di patrimoni più consistenti, magari dislocati su più banche, italiane ed estere. Quindi da qui a 5 anni vedo tutto sommato le fiduciarie avere ancora un ruolo importante, sicuramente bisognerà avere la capacità di ritagliarselo considerando comunque che i margini sono bassi. È un interlocutore la fiduciaria che però ha un pubblico limitato, quello italiano. Ecco questo ad oggi è, forse, il vero limite che ha la fiduciaria: non può essere un interlocutore per lo straniero se non in rari casi particolari. Ci sarà da capire qual è lo sforzo da fare per acquisire quella capacità per essere un interlocutore non solo per il pubblico delle famiglie italiane ma anche per altre tipologie di destinatari.
GARETTO Il modo per provare a inquadrare diversamente questo limite, cercando di qualificarlo come un vantaggio, può essere quello di pensare nello specifico all’attività di sostituto d’imposta e ai servizi di tax compliance che vedono la fiduciaria sostituirsi al fiduciante per l’adempimento di obblighi tributari, con una conseguente semplificazione degli adempimenti particolarmente percepita per patrimoni complessi e geograficamente articolati. Qui abbiamo meno competizione con realtà estere e la globalizzazione è minore. Completa lo scenario la possibilità di agire come sostituto d’imposta anche rispetto ai beni che possiamo amministrare attraverso lo strumento del mandato senza intestazione, si tratta di un mandato con rappresentanza interessante nell’attuale scenario post voluntary disclosure. Questo nostro ruolo potrà sicuramente caratterizzare il futuro.
BETOCCHI Se dobbiamo rispondere alla sua domanda su quale sarà il mondo delle fiduciarie fra qualche anno, io mi auguro che ci sia un mondo dove, partendo dall’impianto normativo di base, da un lato ci sia una maggiore specializzazione per l’adempimento dei compiti amministrativamente più gravosi, e dall’altro lo, spazio per le fiduciarie di consulenza ai soggetti privati, che possano in qualche modo essere all’ascolto delle esigenze legate ai gruppi famigliari e risolverne i problemi rifacendosi all’impianto normativo originale. Senza escludere che nelle società fiduciarie più grandi ci possa essere anche un dipartimento che si occupa di questa consulenza per soggetti privati, con un front-office di consulenza che possa in qualche modo fare vera e propria consulenza fiduciaria strettamente mirata ai bisogni del soggetto.
LORGNA Sono ragionevolmente positivo in una prospettiva quinquennale sull’operatività delle fiduciarie. Ribadisco che questa legittimazione presso Banca d’Italia potrà’ facilitare ulteriori sviluppi del settore, come ad esempio, sull’estero dove ci sono possibili e interessanti opportunità correlate, in particolare, al richiamato ruolo di sostituto d’imposta delle fiduciarie. Infatti, non dimentichiamo che per la sola operazione di voluntary disclosure del 2015 su complessivi 60 miliardi che sono stati regolarizzati solo 15 sono rientrati fisicamente in Italia, mentre 45, il triplo, sono rimasti oltre confine con le correlate esigenze di attivare le necessarie e continue interlocuzioni operative e relazionali, in particolare con gli intermediari bancari esteri, depositari di consistenti attività finanziarie riconducibili a clientela fiscalmente residente in Italia.
[/auth]