Prendono fino a 250mila euro, più una quota variabile che può far raddoppiare la cifra. E se passano da una banca a un’altra, intascano dal 2 al 3% del portafoglio che si portano dietro
[auth href=”http://www.worldexcellence.it/registrazione/” text=”Per leggere l’intero articolo devi essere un utente registrato.
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Si muovono i colossi. A indicare la rotta sono i big del settore. Fideuram-Intesa Sanpaolo Private banking ha aperto il nuovo anno mettendo nel mirino il colosso assicurativo Generali, che è anche leader italiano nel risparmio gestito, con una società di eccellenza nel private banking come Banca Generali. Anche in Unicredit hanno rinnovato il posizionamento con la nascita di Cordusio Sim, affidata al manager di lungo corso Paolo Langé con il compito di farne l’hub del wealth management per i clienti facoltosi del gruppo. A fine 2016 Mediobanca ha annunciato il cambio di passo, con il nuovo piano industriale che prevede di arrivare al 2019 con un’incidenza del wealth management nella misura del 40% per quel che concerne le commissioni (oggi sono al 21%) e del 15% dell’utile operativo (oggi al 7%).
Caccia ai reclutamenti. Se i grandi brand hanno capacità attrattiva, va comunque detto che a fare davvero la differenza sono i professionisti. Così, uno spostamento da una società all’altra di un banker di peso ed esperienza può significare uno spostamento di qualche decina di milioni di euro. E cambi di casacca sono frequenti, con le reti che sono tra le realtà più attive. «Alla fine del primo semestre 2016, il numero dei private banker ha raggiunto quota 12.129, più del doppio rispetto ai 5.534 censiti due anni prima», spiega Marzo Mazzoni, presidente della società di consulenza Magstat.
Di pari passo sono mutati i pesi delle diverse formule contrattuali, con i banker che operano come agenti passati in 24 mesi dal 14% al 50% del totale. I passaggi da una struttura all’altra di solito arrivano dietro lauti compensi. Il giro di portafoglio può andare dal 2 al 3% in caso di patrimonio gestito e intorno al 2% per l’amministrato, secondo le rilevazioni della stessa Magstat.
Verosimilmente la caccia ai migliori professionisti continuerà ancora per diverso tempo, dato che il risparmio gestito continua ad accumulare risorse in presenza di mercati incerti e tassi bassi che rendono poco appetibile il fai da te. Anche se un report di Mediobanca Securities avverte che a lungo andare le spese per trattenere i migliori e conquistarne di nuovi rischiano di diventare difficilmente sostenibili.
I compensi. Da Magstat arriva anche un quadro della situazione relativo ai compensi dei professionisti del settore. Si scopre così che un junior private banker può guadagnare da 46 a 66mila euro lordi annui di fisso, ai quali si aggiunge una quota del variabile che può arrivare fino al 50% e benefit di di utilità personale e familiare (previdenza integrativa, assistenza sanitaria). Il private banker con qualche anno di esperienza può invece spuntare da 62 a 100mila euro, con la quota legata ai risultati che può raddoppiare l’importo complessivo e i benefit già visti per i junior che vengono concessi con maggiore frequenza. Infine, nel caso del senior private banker, il fisso può arrivare anche a 250mila euro.
Nel caso, invece, in cui la retribuzione sia tutta variabile, il compenso dei consulente finanziario, in questo caso la classificazione è generale, può andare da un minimo di 80mila a un massimo di 300mila euro, in base al portafoglio clienti gestito (da 20 a 100 milioni ) e alla redditività dello stesso.
In genere il fisso oscilla tra i 90mila e i 250mila euro lordi annui anche nel caso del team leader, colui cioè che coordina tre-sei private banker al fine di raggiungere gli obiettivi fissati dalla banca. E gestisce anche un portafoglio personale superiore ai 50 milioni di euro. I benefit già citati sono molto frequenti per questa figura, che nel caso non sia assunto, ma operi come libero professionista in genere può spuntare da 100 a 300mila. A completare il quadro è l’area manager, che porta a casa tra i 120 e i 250mila euro di fisso più benefit, mentre, se non è assunto, in genere guadagna tra 160 e 400mila.
Le società si tutelano. D’altro canto, le società cercano di tutelarsi dai continui cambi di casacca spingendo i professionisti a siglare accordi ad hoc. Come il patto di non concorrenza con il quale il private banker si impegna a non esercitare delle attività in concorrenza su un certo territorio (una o più regioni) per un certo periodo di tempo (da 12 a 24 mesi) dalla data di cessazione del rapporto di lavoro. In cambio riceve un’indennità/bouns che si aggiunge alla retribuzione annuale lorda. In caso di inadempimento è prevista una penale che può anche essere pari a due-tre volte l’ultima retribuzione annuale lorda, ferme restando la risarcibilità del danno ulteriore che dovesse derivare da tale condotta.
Alcune società fanno invece stipulare un patto di stabilità o durata minima, con il quale il banker banker si impegna a non lasciare la banca per un determinato periodo che solitamente varia da 1 a 5 anni, anche in questo caso con la previsione di penali in caso di inadempienze. Da segnalare anche la previsione di premi in denaro e stock option, generalmente dilazionati nel tempo per tutelarsi in caso di scioglimento del rapporto di lavoro.
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