Trump e i dazi sul Made in Italy: ecco 3 settori a rischio

L'economia italiana sarà messa a dura prova? Trump ha promesso agli Americani nuovi dazi sul Made in Italy. Ecco i 3 settori in pericolo
Trump e i dazi sul Made in Italy

Dopo la vittoria di Trump alle elezioni negli USA, l’economia italiana è messa a rischio: il tycoon minaccia di imporre pesanti dazi sul Made in Italy, come aveva promesso negli ultimi mesi durante la campagna elettorale.

Vediamo quali sono i 3 settori italiani che potrebbero subire un duro colpo e gli effetti che potrebbe avere sul nostro Paese la politica di Trump.

La politica protezionista

Era stato già annunciato nei mesi precedenti: Donald Trump aveva promesso in campagna elettorale che avrebbe attuato una politica protezionista verso i prodotti USA, per tutelare le industrie nazionali e ridurre le tasse sui redditi da lavoro. Questo protezionismo sarebbe stato messo in pratica imponendo pesanti dazi sulle merci importate, tra cui anche il Made in Italy.

Alcuni analisti di Dbrs Morningstar spiegano che non solo l’Italia, ma anche l’Europa risulta molto esposta a tali pericoli, poiché gli Stati Uniti rappresentano la principale destinazione delle esportazioni europee: basti pensare che nel 2023 il 20% dell’export italiano è andato negli USA, una percentuale molto alta se si paragona col 13% diretto alla Gran Bretagna e il 9% alla Cina.

La riduzione dei prodotti italiani esportati non potrà essere facilmente compensata dalla domanda interna o di altri mercati. Gli USA, infatti, sono il secondo mercato di sbocco per il Made in Italy: valgono il 10,5% delle esportazioni complessive, pari a un valore di oltre 69 miliardi di euro nel 2023 e di oltre 33 miliardi di euro nei primi sei mesi del 2024.

Quali sono i settori italiani più a rischio

Se la stretta sui dazi dovesse essere davvero messa in atto da Donald Trump, alcuni settori italiani sarebbero particolarmente danneggiati. I 3 più a rischio sono:

  • al primo posto, la meccanica, con un valore di oltre 428 milioni di dollari nei primi sei mesi del 2024, pari al 17,7% dell’export del nostro Paese.
  • Seguono gli articoli farmaceutici e biomedicali, pari al 16,3% delle esportazioni.
  • terzo posto per l’agroalimentare, uno dei settori italiani più apprezzati all’estero, pari al 12% dell’export.

Altri settori che potrebbero essere fortemente colpiti sono quello chimico, delle automotive e della moda. Una simulazione realizzata da Prometeia stima i possibili danni in un range che si aggira tra i 4 e i 7 miliardi di euro.

Le regioni italiane in pericolo

Le pesanti tariffe sul Made in Italy colpirebbero particolarmente alcune regioni d’Italia, come Lombardia (pari a 6,76 miliardi), Toscana (5,41 miliardi), Emilia-Romagna e Veneto, che complessivamente ricoprono i due terzi delle esportazioni italiane negli Stati Uniti.

Altre regioni, come l’Abruzzo e il Molise, hanno avuto una forte crescita nei primi sei mesi del 2024: le esportazioni negli USA sono valse, rispettivamente, il 20,55% e il 14,6% dell’export totale.

È importante, inoltre, evidenziare che nel 2024 gli Stati Uniti hanno sorpassato la Germania e la Francia (due storici partner commerciali dell’Italia) nell’export dell’Emilia-Romagna, la regione italiana a più alto tasso di internazionalizzazione.

Possibili strategie di difesa

I dazi sui prodotti italiani non sarebbero un problema per gli Americani: per loro l’Italia è solo l’undicesimo Paese esportatore negli USA, terzo Paese europeo dopo la Germania (151 miliardi di euro di export) e l’Irlanda (76,5 miliardi di euro). Il valore del Made in Italy invece è solo del 2,4% di tutto ciò che gli Stati Uniti importano ogni anno dall’estero.

L’economia del nostro Paese, al contrario di quella americana, sarebbe molto colpita. Per colmare le perdite causate dai pesanti dazi, le imprese italiane dovrebbero puntare su strategie di diversificazione dei mercati e valorizzazione dei prodotti, rafforzando la propria presenza in aree geografiche meno coinvolte in eventuali conflitti commerciali e investendo nell’innovazione per mantenere alta la competitività.

Un’altra alternativa potrebbe essere quella di negoziare con Trump: l’Europa potrebbe impegnarsi a importare prodotti Made in USA e in cambio chiedere tariffe più basse agli Stati Uniti.

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