Pilip Marlowe, Sam Spade, Jake «J.J» Gittes, Sherlock Holmes, Lew Harper. I private eye, gli investigatori privati, burberi ed eccentrici, dall’ingegno spiccato e le maniere spicce, sono tra i personaggi più affascinati e popolari del cinema e della letteratura. Ma anche, tra i più lontani dalla realtà. Quello delle investigazioni private non è (non più, almeno) un mondo popolato di personaggi con il bavero alzato (del trench, ovviamente) di locali bui e pieni di fumo, di marciapedi calpestati e improvvise scazzottate. È un settore formato da professionisti certificati e tecnologie all’avanguardia. Ed è un mercato in forte crescita. Negli ultimi anni, infatti, sono aumentate le richieste da parte di privati cittadini, per sospette infedeltà coniugali o per il controllo dei figli minori, ma soprattutto quelle delle aziende (questo settore copre circa l’85% del lavoro), alle prese con comportamenti illeciti dei dipendenti (abuso delle assenze per malattia, dei permessi di lavoro ex legge 104) ma anche per difendersi dallo spionaggio industriale e dalla concorrenza sleale, e sta diventando sempre più importante il problema della cybersecurity. Ovviamente una professione così delicata ha una disciplina rigorosa: le regola stabilite sul Testo Unico delle leggi di Pubblica Sicurezza sono state poi riformate dal Decreto del Ministero dell’Interno 269/2010, con il quale sono state introdotte delle novità per delineare meglio i confini di operatività degli investigatori privati, facendo un po’ di chiarezza sugli aspetti controversi della disciplina della materia e fissando i nuovi requisiti professionali. Quando si decide di assumere un investigatore privato è assolutamente doveroso accertarsi che sia un soggetto autorizzato: chi svolge questo lavoro senza la regolare licenza commette un reato penale. E soprattutto le prove eventualmente raccolte non potranno essere utilizzate in sede di giudizio.